L’uomo, combattuto tra Eros e Thanatos

Eros e Thanatos

Già Empedocle di Agrigento, vissuto nel 5 secolo a.c.,  immaginava una forza cosmica duale che gestisce ogni cosa, ogni fenomeno, ogni vita e questa sarebbe la legge dell’Amore – Odio.  Tutte le creature nascono e periscono, frutto dell’aggregazione e disgregazione delle quattro radici divine: acqua, aria terra, fuoco.  Niente e nessuno rimane integro a se stesso meno che le radici che debbono considerarsi eterne e sempre identiche  a se stesse.  L’Aggregazione, ad opera dell’amore, la disgregazione, ad opera dell’Odio, ecco il destino cosmico. Questo in sintesi il fluire e l’eterna identità del cosmo.  S. Freud, nel 1920, pubblica un libro Al di Là del Principio del Piacere, in cui ipotizza che la vita delle creature oscilli continuamente tra l’Eros, ovvero l’istinto alla vita e il Thanatos, ovvero l’istinto  alla morte.  L’uomo, in particolar modo, è portato al piacere sessuale e ciò vuol dire vita, ciò vuol dire creazione; ma è anche terribilmente tentato dalla morte perché sarebbe   misteriosamente attratto dallo stato pre – vitale da cui deriva. Egli è continuamente incline all’autodistruzione. Egli  è, al tempo stesso, protagonista della vita come della morte. E’ forte l’analogia con Empedocle: Amore – Odio, Eros Thanatos. Mentre esaltiamo la vita nelle sue forme, ci commuoviamo di fronte a un bambino che nasce, sentiamo tenerezza di fronte ad una creatura inerme e indifesa, proviamo amore e simpatia per tutte quelle persone che ci accettano, viviamo altresì sentimenti di odio e ci agita una terribile gelosia verso quelli che ci scavalcano, verso quelli che si allontanano da noi per diverse ragioni, verso quelli che ci precedono in carriera. Noi, istintivamente, proviamo a sminuirle e a invidiarle,  proviamo per loro sentimenti di morte e di vendetta. La nostra stessa affermazione, implica la morte dell’altro; il nostro stesso bisogno sessuale ci porta a dominare l’altro e a ridurlo ad oggetto. Ciò è violenza, ciò è istinto di morte. Noi uccidiamo per gelosia, per invidia, per il potere, per la sopravvivenza. E’ paradossale il fatto che noi uccidiamo per amore. Ciò accade non solo nei confronti degli altri ma anche nei confronti di noi stessi. Noi siamo anche  la causa, della nostra autodistruzione,  in quanto l’istinto di morte è tanto forte in noi quanto l’amore. Siamo spesso, istintivamente, Kamikaze di noi stessi. Di fronte a un fallimento, noi ci trasformiamo in vittime sacrificali e scarichiamo tutte le responsabilità sulla nostra vita e sulle nostre scelte. Questo è quell’atteggiamento masochistico che ci trasforma in creature assurde e incomprensibili.  E visto che noi oscilliamo tra l’istinto alla vita e l’istinto alla morte, anche la rappresentazione di Dio si trasforma continuamente nella nostra mente. Infatti, secondo i nostri bisogni e le nostre frustrazioni, Dio ce lo immaginiamo paterno e affettuoso, violento e vendicativo, oppure un Dio che ci vuole vittime  votate al sacrificio.  Dio,  insomma, è  l’immagine rovesciata dei nostri bisogni, delle nostre frustrazioni,  in definitiva,  la sintesi delle nostre pulsioni contrapposte di vita e di morte.