Spesso la cultura ci sovrasta e ci allontana dalla vita

Di fronte a grandi proclami,  a notizie terrificanti e a gravi atti di accusa non corrispondono fatti significativi.

Stiamo vivendo un momento particolarmente difficile e ciò non solo per la crisi economica in atto. Anzi questa è l’unica cosa che ci restituisce  un minimo di autenticità, un minimo di  umanità. La crisi è molto più profonda di quella economica, perché ognuno di noi ha perso la dimensione della propria  singolarità e rincorre, come in un mucchio, il proprio individualismo. L’altro è importante, ma viene visto solo come un rivale da superare, un concorrente da abbattere, un collega su cui  scaricare tutte le nostre inadempienze,  le nostre responsabilità, le nostre frustrazioni. Quando vengo scalzato, vivo la mia impotenza, mi sento abbattuto e macchino, se posso, strategie debilitanti per il mio avversario. Fra la vita e la cultura si è creato un diaframma enorme, per cui noi  viviamo, non secondo i nostri desideri ma secondo le voglie collettive, secondo  le consuetudini culturali, condivise attraverso un processo di persuasioni occulte. Siamo individui in preda al panico: il panico di rimanere soli, il panico di rimanere indietro, il panico di fare brutta figura, il panico che mio figlio mi faccia fare brutta figura, il panico di non essere come gli altri, ma, al tempo stesso, io ignoro i miei desideri, le mie passioni, i miei sogni, quelli per i quali io potrei essere unico e originale. Nelle nostre azioni siamo preoccupati del successo o dell’insuccesso del nostro operare, ma ci preoccupiamo poco della qualità delle nostre azioni.  Ora il successo è sempre relativo, gli insuccessi fanno parte della natura umana, ma la qualità dell’azione dipende dalle nostre scelte, dai nostri desideri, dai nostri sogni, insomma dalla nostra umanità. La cultura dell’utile, che dovrebbe essere solo un mezzo, la voglia di apparire ciò che non siamo, ci portano a vivere una vita di follia, una vita anomala, una vita di maschere. A questo punto ci viene da chiedere, che cosa ci può restituire alla nostra autenticità?  Ecco la risposta: Vivere la vita nella dimensione di un dono gratuito, vivere la vita nei suoi mille conflitti, senza sottrarsi, vivere la vita come una continua trascendenza, vivere la vita all’insegna di un sogno e di un progetto che dia un contributo al tuo presente. Il dono ti rende attivo, ti fa cercare l’altro che consideri non come mezzo ma come fine, il dono ti impegna nella ricerca, il dono alimenta sentimenti e tenerezze; il dono ti fa essere normale e ti sottrae a tutti i fingimenti culturali che ti sovrastano. Ma il miracolo più grande  avviene nella persona che riceve il dono, perché lo si costringe ad essere riconoscente, lo si costringe a coltivare sentimenti nobili. Lo si costringe ad essere normale insomma ad essere più umano.