Siamo alla vigilia di una grande rivoluzione dagli esiti imprevedibili

Siamo alla vigilia di una grande rivoluzione dagli esiti imprevedibili

 

Siamo alla vigilia di una grande rivoluzione: grande per dimensioni e  drammaticità.  E’ sempre auspicabile che non si alimenti la paura, perché questa genera sfilacciamento nel tessuto connettivo della società, genera disaffezioni, malcontento, violenza, crisi delle istituzioni e altro. Ma ora ci sono tutti i segni, alcuni dei quali drammatici, di un cambiamento radicale. Eccone alcuni. Siamo in guerra e nessuno ne vuol parlare, perché, come dire, è meglio tacere, tanto non ci riguarda. Ben trenta conflitti si svolgono mentre noi mandiamo insensati messaggi e self sui media. Il nostro tempo conta poco se è vero che trascorriamo circa sei ore al giorno soli con noi stesso incollati sui cellulari. L’innalzamento della temperatura media globale, l’inquinamento dovuto anche alle scelte sciagurate dei poteri economici forti, sta desertificando intere aree dell’Africa e dell’Asia e la gente, disperata, fugge in  cerca di una terra dove poter sostare, in cerca di un futuro, di una speranza. Ma questi movimenti antropici di proporzioni mai così numerosi e disperati, nel cercare salvezza vanno incontro alla morte e creano destabilizzazioni nei paesi che li ospitano. Uomini di pochi scrupoli  vivono e speculano con cinismo sulle sofferenze degli impotenti; questi sparano e uccidono anche per un solo berretto di baseball;  alcuni paesi ricchi costruiscono muri, senza rendersi conto che fanno il gioco degli scafisti e delle organizzazioni criminali; guerre civili che fanno strage  di bambini, anziani e indifesi e non si fanno scrupoli di usare i gas letali. Pochi ricchi detengono l’80% delle ricchezze mondiali, mentre al solo 20% è legato il filo sottile della sopravvivenza di circa 7 miliardi di persone;  i partiti politici che non svolgono più alcun ruolo di formazione sociale e culturale,  sono diventati scatole vuote, trampolini di lancio dei più furbi che non possono vivere senza l’orgasmo del potere; la politica, asservita, a vario modo,  ai poteri forti, per cui lo stato sociale conta poco e nessuno mai parla come si possa fare la redistribuzione dei beni; la grande borghesia non riesce più a far fronte alla crisi che essa stessa ha generato: i mercati saturi a livello planetario, sfruttamento di manodopera ovunque, inquinamento voluto nei pesi che non hanno saputo difendersi, bisogno sempre crescente di energie, di tecnologie nuove e competitive; l’innato tentativo dei più forti di conservare i privilegi acquisiti; il tentativo di inseguire la pace non come valore, l’unica capace di difendere la dignità dell’uomo, ma la pace con la paura delle armi (Dio che assurdità!…); il tentativo diffuso di ricorrere al protezionismo economico, alla dittatura in nome dell’ordine ( triste evocazione!…),  alla cultura della violenza ampiamente diffusa anche nelle società cosi dette evolute, sui minori, sulle donne, nelle famiglie; il rigurgito mai cessato di invocare divinità violente e intolleranti. L’umanità è malata,  il pianeta terra è malato: tsunami, tornado, aree deserte, morti, ghiacciai che si sciolgono mentre gli uomini forti fanno solo retorica,  speculano e accumulano nei paradisi fiscali. Credo che ci sia abbastanza, perché possa nascere una esasperazione globale dalle vaste proporzioni e dagli esiti imprevedibili.