Megalopoli , magia di luci multicolori,
aggiogate da ritmi frenetici,
ci hanno ammaliati
sedotti con miraggi evanescenti,
all’insegna del piacere,
del successo e della vanità.
Megalopoli, luoghi di benessere fittizio
che hanno creato emarginazioni,
solitudini disperate,
luoghi di poteri oscuri,
successi mai sicuri,
facili profitti,
visibilità labili,
per le quali, ognuno ha svenduto,
parte della propria anima.
Megalopoli, oggi deserte,
avvolte in un silenzio spettrale,
dove tutti incontrano la fragilità e la paura
dove anche pregare diventa difficile.
Il dio di sempre più non ci ascolta,
nelle strade del divertimento
dei facili guadagni, del sangue,
della magia, delle false sicurezze,
della scienza esatta e del fluido confort.
Nelle megalopoli, oggi, si contano bari
che diventano ceneri in terre lontane
senza neppure l’illusione
di un ultimo abbraccio,
di un epigrafe che ne alimentasse la memoria,
estrema consolazione dei mortali,
prima di lasciare questo giardino terrestre
che abbiamo reso inospitale deserto.
Megalopoli, scatole di cera,
che si sciolgono, improvvisamente,
e compaiono i fantasmi di un recente passato,
piegandosi, impaurite,
di fronte ad una inaspettata tempesta.
Passa la falcidia di un nemico invisibile
che più non rispetta ruoli e confini
a cui, noi automi, eravamo tanto abituati.
Eppure non possiamo smettere di cantare
Il grande inno alla vita,
la sola che trionfi nelle traversie della storia;
sperare che tutto passi;
sognare che tutto cambi
e l’uomo torni alla sua umanità perduta
alle sue fragilità, senza deliri di onnipotenza.