La vandéra

 

Di buon mattino,

quando il sole ancora non si accanisce,

inclemente, sulle creature,

indossano la vandéra i mietitori,

minuscole formiche laboriose,

là….nella spianata di grano!…

impugnano, con la destra, la falce,

mettono le canne ( r’ cannedd’) alle dita,

il ditale di cuoio all’indice sinistro,

la manuedda sul polso destro

e, cantando, raccolgono il grano.

Appena un alito di vento…

Portano di tanto in tanto

Il denso fazzoletto alla fronte:

un sospiro di sollievo,

un’esclamazione per digerire la fatica

e di nuovo le mani si avventurano tra le spighe.

Le donne, accompagnando cantilene,

raccolgono fasci di spighe(jerm’t’) sulla mano sinistra

e ne fanno covoni (gregn’).

E’ l’ora di far colazione (lu muzz’ch’),

tutti mangiano avidamente

e si attaccano al fiasco (a lu cannitt’),

sorseggiando, spunto, caldo vino.

Continua, estenuante, il lavoro.

Il sudore si trasforma in densi rivoli di salsedine

Che lasciano tracce sulle imbrunite facce.

Le mani, ruvide, profumano di stoppie,

ma sanno rassicurare la mamma in attesa

e farsi ubbidire dal ragazzotto pigro.

Di lontano, si ode un vagito….

Da una culla (la naca)

Che schiaccia la testa di una mamma.

Col bambino in fasce,

arriva la pasta di casa.

Si mangia sotto la quercia antica,

ove sono in tanti

per scambiarsi reciproco aiuto (la r’tenna).

 

Murale rappresentando la mietitura, realizzato nell’estate 2014 nel centro storico di Sant’Angelo le Fratte.

Ausiedd

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