Gli altri sono il mio inferno – J. P. Sartre

Gli altri mi incutono paura, disagi, vergogna, pudore, timidezza e spesso mi fanno avvertire il complesso di inferiorità. Insomma gli altri mi privano della mia libertà, nella quale io mi trovo profondamente coinvolto. Sono libero e non posso non esserlo, questo è il mio limite. Insomma non è colpa mia se sono per natura libero. Istintivamente provo ad imporre il mio egoismo sugli altri in tutti i modi possibili, spesso con artifici sofisticati, altre volte con l’aggressione o la cinica violenza morale, con l’ironia, talvolta col sarcasmo. Anche quando amo in realtà lo faccio, perché voglio che l’altro mi ricambi nell’amore. Amore disinteressato?  E’ solo un sogno!…. Ognuno in questo gioco di sentimenti cerca di ridurre a oggetto l’altro, negandone la libertà. Ma l’altro non ci sta e reagisce con la sua libertà, elaborando strumenti di difesa e, se possibile, affila gli strumenti di vendetta fisica, ma soprattutto morale. Il sentimento dell’odio è la forza imperiosa della mia libertà, quando non voglio barattarla con nessuno e per nessuna ragione. Se io odio anche l’altro mi odia e si vendica o, per lo meno, cerca di farlo, affermando la sua libertà. La verità è che gli altri, anche se sono il mio inferno, mi servono per affermare la mia libertà. Per questa ragione io sono necessario agli  altri e gli altri a me. L’opera in cui questi sentimenti vengono espressi, in modo inequivocabile è “A porte chiuse” da J. P. Sartre, una pièce teatrale scritta nel 1945. Tre personaggi  capitano in una stanza senza porte e senza finestre,  l’inferno appunto. Tutti si aspettano di essere torturati, ma non c’è nessuno a farlo. I veri torturatori sono essi stessi. Si raccontano e si rinfacciano cinicamente tutte le loro storie. Garcin, già disertore, porta a casa diverse amanti e costringe la moglie a servire loro la colazione a letto. La moglie, incapace di sopportare questa pesante situazione, si uccide. Gli amanti, quasi indifferenti, la vedono precipitare e non provano nessuna sofferenza, anzi rimangono indifferenti. Ines, lesbica, induce la sua amante a uccidere il proprio marito che, tra l’altro, è anche suo cugino; Istelle, donna di alto rango, sposa una persona anziana per soldi, insoddisfatta si concede a un giovane amante col quale ha un bambino che la donna fa annegare. Dopo questo lungo e cinico conflitto, finalmente Garcin trova la porta di uscita…   I protagonisti potrebbero abbandonare la scena, ma ormai i loro destini sono uniti, e anche se si odiano, non possono sottrarsi alla rete dei rapporti che si sono creati.  Che noia l’inferno senza gli altri!…L’inferno non ha nulla di sovrannaturale o di religioso, ma lo si trova ogni giorno nel rapportarsi con gli altri. Se poco ci riflettiamo: gli altri scorgono in te solo il male per annientarti e provare cinico piacere. Si ,perché senza la sofferenza degli altri non si può vivere!….Il nostro inferno è quello di essere relegati al giudizio degli altri. E’ prorprio vero, abbiamo bisogno del fastidioso e talvolta devastante giudizio degli altri. Che lancinante sofferenza cadere nell’oblio!….

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