Non c’è angolo sicuro sul pianeta: ci prende tutti l’ansia dell’imprevedibile

Venerdì, 26 giugno, tre attentati in tre paesi: in Francia, presso Lione, un uomo sgozza un industriale, poi si dirà che nulla centra col terrorismo;   in Tunisia a Sousse, 28 persone freddate sulla spiaggia, a Kuwait City, un giovane si fa esplodere in una moschea sciita, proprio nel giorno del Ramadan, altre 22 vittime innocenti, in tutto 50 i morti. Le armate Isis in un anno, cioè dal 29 giugno 2014, hanno conservato le loro posizioni in Siria, hanno allargato i confini in Iraq, nonostante gli interventi militari da parte dell’occidente. Eppure ogni giorno i miliziani Isis sgozzano, uccidono uomini, donne e bambini sciiti, distruggono musei,  simboli e testimonianze di vecchie civiltà. Ma l’occidente cosa fa? Rimane a guardare!….discute e si indigna, ma non riesce a fare altro. Quelli dell’Isis rappresentano un vero pericolo nel mediterraneo e per l’occidente, anche perché questo movimento suscita entusiasmi e riscuote simpatie tra i giovani del nostro continente. Siamo in guerra e tutti relativizzano o sottovalutano i fatti. Qualcuno azzarda e sostiene che siamo alla vigilia della terza guerra mondiale. Se così è, sarà bene ricordare le parole di Einstein: “Io non so come sarà combattuta la terza guerra mondiale, ma posso dirvi che cosa useranno nella quarta: le pietre”. E’ in pericolo la nostra civiltà e il valore delle nostre democrazie. E’ in pericolo la nostra identità culturale. E’ forse ora che l’Europa diventi qualcosa di più: una realtà politica che decida e non faccia solo i conti. Per il califfato alleato con i sunniti, gli sciiti sono eretici, gli ebrei e i cristiani miscredenti. Quindi è in atto una guerra santa. I Sunniti pari al 90% circa e gli  Sciiti pari al 10% del totale dei musulmani, accettano entrambe i cinque pilastri della religione islamica: Un solo Dio Allah e un solo Profeta Maometto; pregare cinque volte al giorno, rivolti verso la Mecca; Almeno una volta nella vita recarsi alla mecca, purché in condizioni di viaggiare; vivere il Ramadan; donare il 2,5% del proprio reddito ai poveri. I primi, però, considerano leader del califfato, dopo la morte di Maometto avvenuta nel 1632,  Abu Bakr compagno di Maometto e teologo, i secondi considerano erede del profeta Maometto il genero, ovvero il profeta Alì Ibn Abi Talib. Di qui la guerra che si è espressa sempre come guerra di fazioni, ora invece come guerra volta alla creazione di uno stato autonomo il Califfato appunto, dichiarato il 29 giugno 2014, di cui è considerato capo indiscusso Abu Bakr al Baghdadi. Il califfato, non riconosciuto da nessuno, comprende un vasto territorio che coinvolge due stati sovrani: parte della Siria e parte dell’Iraq. E’ in atto insomma un movimento di destabilizzazione politica e culturale dal futuro imprevedibile. Al califfato si ispirano cellule terroristiche dormienti che operano in paesi diversi e imprevedibili. Tutto è diventato insicuro. Il pianeta è diventato ancora più piccolo e nessuno si può sentire tranquillo in qualunque angolo del mondo. Ci avvolge tutti l’ansia dell’imprevedibile. La domanda si impone spontanea: può un Dio, comunque lo si voglia chiamare, giustificare la violenza? E se Dio fosse diventato un paravento per nascosti interessi, rancori sopiti ora rispolverati, disegni politici ed economici che al momento non si intravedono se non in modo larvato?  Cosa è rimasta della primavera araba?  Praticamente nulla!…

Inserisci un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Required fields are marked *

*