11 mega – Murali dedicati alla vita di G. L. Caramuel

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Sant’Angelo le Fratte: 11 mega murali raccontano la vita di Caramuel. A realizzarli gli artisti dell’APV, Arte per la Valle.

 

SANT’ANGELO LE FR. – Sono stati realizzati,  in questi giorni, 11 nuovi mega murales per raccontare la vita di G.L. Caramuel, vescovo di Satriano – Campagna dal 1657 al 1673. Questi permane, per lungo tempo, in Sant’Angelo, perché luogo equidistante tra Satriano e Salvia, ma anche perché posto tranquillo e lontano dai nuovi baroni riottosi che tentano di mettere mano sui beni della chiesa; quivi edifica una moderna tipografia che nomina “Arca Santa” e  stampa buona parte dei suoi libri. I dipinti sono stati realizzati dall’APV, associazione arte per la valle, che opera sul territorio dal 2001 con l’avallo dell’amministrazione comunale. Questa ha scelto via regina Margherita e Salita Cupa da dedicare alla narrazione storica del personaggio, attraverso il linguaggio della pittura.  Caramuel, nato a Madrid nel 1606 e morto a Vigevano nel 1682, è un personaggio culturale di caratura europea che ha scritto 77 opere di vario genere. Queste trattano, infatti, di grammatica, matematica, musica, teologia,  architettura, filosofia e poesia. Caramuel ha girato quasi tutta L’Europa, ha partecipato al trattato di pace di Westfalia nel 1648, a conclusione della guerra dei 30 anni, in cui viene coinvolto indirettamente anche il regno di Napoli, e per questo noi meridionali siamo sottoposti, per sostenere le spese di guerra, a una dura pressione fiscale da parte degli Spagnoli; viene contestato da Pascal e dagli studiosi di Port Royal, per la sua contrapposizione al Giansenismo e per la sua tesi a sostegno dell’origine mono – generativa delle lingue; ha conosciuto Galilei di cui non condivide l’idea che la natura fosse stata scritta da Dio con un linguaggio matematico; ha intrattenuto rapporti epistolari con Cartesio ed altri eminenti studiosi del tempo; ha contribuito notevolmente, con la sua teologia morale probabilistica, alla conservazione della Baviera al credo della chiesa cattolica; si  è interessato di ingegneria militare, quando conosce l’assedio nella fortezza di Frankenthal,  da parte dell’esercito dei  protestanti, nel 1644; guida la difesa della riva destra del fiume La Moldava, a Praga, contro l’esercito svedese nel 1648, contribuendo alla conciliazione tra cattolici, calvinisti e protestanti; ha elaborato i primi rudimenti del sistema binario, in quanto cultore di matematica;  si è interessato di architettura, si pensa che l’idea e il progetto del colonnato di San Pietro siano statati suoi e poi soffiati dal Bernini; si è interessato di musica, considerando il suo linguaggio avere un carattere universale, visto che l’uomo, secondo il teologo – filosofo, è un “essere discorsivo” il cui linguaggio derivi direttamente da Dio.  Nominato vescovo da papa Alessandro VII, viene mandato, quasi per punizione, ovvero confinato, per le sue idee soprattutto sulla morale, nella diocesi di Satriano e Campagna, nel 1657. Quando arriva nella nostra diocesi, il 1959, trova il territorio devastato e la popolazione dimezzata, perché, tre anni prima, si era diffusa la peste che aveva dimezzato la popolazione e poi: persone menomate, alcuni ancora col contagio della peste, e tanta miseria. Per queste ragioni, quando il vescovo parla di Sant’Angelo nelle sue relazioni Ad Limina, lo descrive come un paese arretrato, le sue strade tutte infangate e gli abitanti, che indossano cenci e zoccoli di legno,  dediti all’agricoltura con modestissimi profitti. “Le donne si recano con i mariti nei campi; si vive numerosi in umili tuguri; i bambini dormono nello stesso letto o sulle casse; nello stesso ambiente si convive con animali….  Qui non esistono medici e neppure farmacie. Per curarsi o ci si rivolge ai guaritori oppure bisogna attraversare vie scoscese di montagna per raggiungere le farmacie di Caggiano a dorso d’asino o muli” (quella più battuta è la via vicinale di Gelsi in Croce – Vetraursa). A Sant’Angelo, il vescovo trova un clero povero che, per sopravvivere, deve zappare  e uno stuolo di chierici quasi analfabeti, appartenenti alle diverse famiglie di galantuomini del posto, attenti a riscuotere e a contendersi il fitto dei beni  della chiesa insieme alle confraternite; trova baroni di nuova generazione,  riottosi, che cercano di sottrarre alla chiesa il territorio di Castellaro – Perolla e, con questi, il vescovo è costretto a lottare per conservare i diritti sui beni della chiesa, come accade contro il conte Pietro Laviano di Salvia, nel 1663; in seguito alla rivolta di Masaniello, a Napoli, nel 1647, trova pastori irriverenti che pascolano abusivamente sui beni della chiesa senza il necessario consenso e  senza pagare le decime. Caramuel è un uomo di straordinaria cultura che però è costretto a convivere con queste realtà locali. Questo il dramma di un uomo che, certo, avrebbe voluto essere altrove. In questo contesto, ha la forza di edificare una stamperia, nell’abitato di Sant’Angelo, facendo venire dalla Germania i più moderni congegni di stamperia e tecnici specializzati.  Stringe rapporti con l’accademia degli investiganti, particolarmente invisa alla chiesa. Per profonda convinzione morale, ritiene che quando il penitente  si trovava in ginocchio per confessarsi, gli si deve dare l’assoluzione. Era, allora, ferrea regola, perché imposta dalla controriforma (Concilio di Trento), di non assolvere i peccati ai penitenti e non amministrare i sacramenti alle persone non ritenute degne nonché scomunicare  conti e università nel caso danneggiassero o non versassero il dovuto alla mensa vescovile. Egli adotta uno stile ed un approccio flessibile con i fedeli, aperto e possibilista,  e questo atteggiamento certo non collima con le consuetudini e l’atteggiamento intransigente della chiesa. Questo hanno tentato di raccontare gli artisti dell’APV, L. La Torre, F. Costanzo, G. Costantino, S. Rea, M. Gagliardi, Bruno e V. Amodeo. Il progetto è stato finanziato con i fondi regionali, legge 313 e l’importo si aggira sui centomila euro, di cui 50 per raccontare Caramuel e 50 per raccontare il Pietrafesa nella vicina cittadina di Satriano. Degno di nota il murale di V. Amodeo che ritrae la facciata della cattedrale di Vigevano che viene ideata e progettata dal vescovo dopo che viene trasferito nel 1673, per rendere la piazza della cittadina simmetrica alla chiesa. Scenograficamente, di discreto impatto emotivo quello di G. Costantino che tratta del vescovo mentre  viene accolto con grande tripudio di gente e quello di F. Costanzo che ritrae il vescovo mentre costruisce il palazzo vescovile nella cittadina. Secondo il progetto, sono ancora previsti: la creazione di una segnaletica che porti ai dipinti e la installazione di due totem touch screen per informare e guidare le persone in visita per la scoperta e l’ammirazione dei quasi cento murali presenti nel centro storico  di Sant’Angelo.

 

L’articolo è comparso su Il Quotidiano del Sud del giorno 18 Agosto 2015

 

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