Chi uccide, infelice, cerca la propria condanna!…..

La violenza, a tutti i livelli, è un atto di debolezza nascosta dal fragore delle armi; la violenza è il chiaro sintomo della devianza e del disadattamento di alcuni nostri giovani, spesso si uccide per essere al centro della scena, credendo di vincere l’indifferenza della massificazione; la violenza vuole un Dio reazionario che colmi i nostri vuoti e le nostre frustrazioni. I foreign fighters appartengono alle nostre periferie e ognuno di loro porta con sé storie di emarginazione e di rivolta contro il sistema che li ignora o li priva di sognare. Il califfato offrirebbe loro la possibilità della vendetta, seminando odio, terrore e sangue, al grido di Allah è grande. Allah è grande, ma quello della misericordia, quello che crea e tutela vita,  non quello che si vorrebbe generi la morte.

 

Ansia di martirio, delirio di onnipotenza,  cultura della morte e Captagon: questa la miscela esplosiva dei terroristi che uccidono e si fanno esplodere.

E’ in atto in Europa e nel Medio Oriente una guerra complessa e particolarmente violenta. Qualcuno la definisce come la terza guerra mondiale che si svolgerebbe a tappe. Altri associano i crimini  dell’Isis  ai fatti criminosi di Hitler. L’anno 2015, sembra essere pieno di frequenti e drammatici bollettini di guerra; l’anno è cosparso, infatti, di gravissimi fatti di sangue, causato da atti di terrorismo messi in atto dal sedicente stato islamico Isis, Isil o Daish che dir si voglia. Quella che si svolge sotto i nostri occhi non è e non deve diventare una guerra di civiltà, perché gli atti violenti possono solo essere qualificati come “gravi atti contro la vita”, “crimini contro l’umanità”, contro il Dio dell’amore,  contro la civiltà occidentale fatta di democrazie e di diritti positivi che dobbiamo difendere a denti stretti contro l’oscurantismo e le barbarie, è, al tempo stesso, anche contro il mondo dei musulmani, quelli che credono nel Dio della “misericordia”.

Ecco un elenco approssimativo di alcuni attacchi terroristici avvenuti nel 2015:

Il 7 gennaio, attacco terroristico in Francia, al giornale satirico C. Hebdo, 12 i morti; motivo, vignette irriverenti contro il profeta Maometto;

Il 26 Febbraio, distruzione del museo di Mosul, in Iraq, annientando le radici dell’antica civiltà assira; questo nelle immagini, ma nel frattempo, si è saputo che i jihadisti mercanteggiano, di nascosto, le opere d’arte costose, quelle più significative.

Il 18 Marzo, in Tunisia, attentato terroristico al museo del Bardo, 24 i morti.

Venerdì, 26 giugno, tre attentati in tre paesi diversi, 50 i morti, tre i paesi coinvolti: in Francia, presso Lione, un uomo sgozza un industriale, poi si dirà che nulla centra col terrorismo;   in Tunisia a Sousse, 28 persone freddate sulla spiaggia; a Kuwait City, un giovane si fa esplodere in una moschea sciita, proprio nel giorno del Ramadan, altre 22 le vittime innocenti. Le armate Isis in un anno, cioè dal 29 giugno 2014 ad oggi, hanno conservato le loro posizioni in Siria, hanno allargato i confini in Iraq, e l’occidente discute, si indigna ma non ha elaborato ancora una strategia di contrapposizione per arginare il tentativo preoccupante di destabilizzazione politica e sociale dei jihadisti. Forse si sottovaluta il pericolo. Eppure ogni giorno i miliziani Isis sgozzano, uccidono uomini, donne e bambini sciiti, distruggono musei,  simboli e testimonianze di vecchie civiltà. Ma l’occidente cosa fa? Rimane a guardare!….ripetiamo: discute e si indigna, ma non riesce a fare altro. Quelli dell’Isis rappresentano un vero pericolo nel mediterraneo e per l’occidente, anche perché questo movimento suscita entusiasmi e riscuote simpatie tra i giovani del nostro continente, soprattutto quelli frustrati che non hanno un sogno da inseguire o un Dio della pace a cui credere. Giovani emarginati e dimenticati dal globalismo e dal relativismo esasperato. Siamo in guerra e tutti relativizzano o sottovalutano i fatti. Qualcuno azzarda e sostiene che siamo alla vigilia della terza guerra mondiale. Se così è, sarà bene ricordare le parole di Einstein: “Io non so come sarà combattuta la terza guerra mondiale, ma posso dirvi che cosa useranno nella quarta: le pietre”. E’ in pericolo la nostra civiltà e il valore delle nostre democrazie. E’ in pericolo la nostra identità culturale. E’ forse ora che l’Europa diventi qualcosa di più: una realtà politica che decida e non faccia solo i conti. Per il califfato alleato con i sunniti, gli sciiti sono eretici, gli ebrei e i cristiani miscredenti. Dunque questi vanno annientati e per questo sarebbe in atto una guerra santa. I Sunniti pari al 90% circa e gli  Sciiti pari al 10% del totale dei musulmani, accettano entrambe i cinque pilastri della religione islamica: Un solo Dio Allah e un solo Profeta Maometto; pregare cinque volte al giorno, rivolti verso la Mecca; Almeno una volta nella vita recarsi alla mecca, purché in condizioni di viaggiare; vivere il Ramadan; donare il 2,5% del proprio reddito ai poveri. I primi, però, considerano leader del califfato, dopo la morte di Maometto, avvenuta nel 632,  Abu Bakr

compagno di Maometto e teologo; i secondi considerano erede del profeta Maometto il genero, ovvero il profeta Alì Ibn Abi Talib. Di qui la guerra che si è espressa sempre come conflitto di fazioni, ora invece come guerra volta alla creazione di uno stato autonomo, il Califfato appunto, dichiarato il 29 giugno 2014, di cui è considerato capo indiscusso Abu Bakr al Baghdadi.

Il califfato, non riconosciuto da nessuno, comprende un vasto territorio che coinvolge due stati sovrani: parte della Siria, dell’Iraq. E’ in atto insomma un movimento di destabilizzazione politica e culturale dal futuro imprevedibile. Al califfato si ispirano cellule terroristiche dormienti che operano in paesi diversi e imprevedibili. Tutto è diventato insicuro. Il pianeta è diventato ancora più piccolo e nessuno si può sentire tranquillo in qualunque angolo del mondo. Se ci avvolge l’ansia dell’imprevedibile, dobbiamo reagire. Come? Con la cultura della pace!….La domanda si impone spontanea: può un Dio, comunque lo si voglia chiamare, giustificare la violenza? E se Dio fosse diventato un paravento per nascosti interessi, rancori sopiti ora rispolverati, disegni politici ed economici che al momento non si intravedono se non in modo larvato?  Cosa è rimasta della primavera araba?  Praticamente nulla!…

Il bollettino di guerra continua:

Il 10 ottobre attentato ad Ankara, 95 i morti, quasi tutti di etnia Kurda, nelle elezioni successive Erdogan prende la maggioranza assoluta;

Il 31 ottobre bomba su un aereo russo, si disintegra e lascia, nell’area del Sinai, 224  morti.

 

Il 13 novembre gravissimi attentati terroristici a Parigi, al teatro Bataclan, in tre ristoranti, e allo stadio, 129 i morti, 352 i feriti, di questi 99 gravissimi.

Il 15 novembre 10° edizione del G 20 ad Antalya, in Turchia, Putin decide di intervenire militarmente contro l’Isis, insieme con la Francia;

Nella serata del giorno 17 novembre:  in Inghilterra, nello stadio Wimbley, si svolge la partita Inghilterra – Francia,  tutti si uniscono alla solidarietà dei Francesi, rispettando un minuto di silenzio e cantando la Marsigliese;  in Turchia, a Istanbul, si svolge la partita Turchia Grecia e durante il minuto di silenzio, fischi e grida dagli spalti: “Allah u akbar”; ad Hannover, in Germania, viene cancellata la partita Germania – Olanda per una valigia sospetta; allo stadio Heysel di Bruxelles, viene sospesa la partita Belgio – Spagna.

Nella prima mattinata del giorno 18 novembre blitz delle forze dell’ordine francesi nel quadrilatero di Saint Denis: tre presunti terroristi morti, una donna si fa esplodere, tra questi, poi si saprà, esserci Abdelhamid Abaaoud, la presunta mente degli attentati di Parigi.

Nigeria, nuovo attentato a Yola, eseguito dal gruppo terroristico di Boko Haram: 32 i morti, 80 i feriti, 50 i bambini rapiti ai confini col Camerun.

20 novembre, nella repubblica del Mali, attacco Jihadista, probabilmente ordito dal gruppo terroristico Morabitoun, uno dei cinque presenti nel territorio, all’Hotel Radisson in Bamako, 21, presumibilmente, i morti.

Si apprende la notizia che i musulmani a Parigi, a Torino e poi domani a Roma, quelli veri, quelli che credono nel Dio della misericordia, hanno sentito e sentono il bisogno di manifestare contro il terrorismo jihadista con lo slogan: “Not in my name”.

 

Panico e paura, le dirette conseguenze degli attentati. Il terrore globale, questa la strategia messa in campo dai terroristi. Ora la paura è un lusso che  noi non ci possiamo permettere. Bisognerebbe tornare alla normalità e difendere a viso scoperto quei diritti che abbiamo conquistato in secoli di lotta. Papa Francesco ci invita ad abbattere le porte blindate. Smettere di bombardare, perché l’odio genera altro odio.  Attivare canali diplomatici ed economici per togliere la linfa economica al sedicente stato islamico; distruggere i pozzi petroliferi da cui i jihadisti ricavano lauti guadagni, non comprare petrolio di contrabbando, niente donazioni, interrompere il fiorente mercato di armi, eliminare la machiavellica strategia politica di diversi paesi: “il nemico del mio nemico è mio amico”; risollevare il tenore di vita alle periferie delle grandi città; vigilare sulle presunte moschee nascoste che insegnano l’odio e fanno proseliti; dare uno stato ai Kurdi e ai Palestinesi; abbandonare Bashar Al – Assad al suo destino e far decidere ai Siriani il loro governo. I canali ci sarebbero. Si vogliono mettere in atto?  Di qui la necessità di una strategia condivisa!……

Intanto, rispondiamo compatti ai terroristi: “non vi vogliamo regalare il nostro odio”!….

17 dicembre, storica firma a Skhirat in Marocco, tra le due fazioni più ampie in Libia per la formazione di un governo di unità nazionale e con un’ampia rappresentanza nel paese.

Un commento

  1. Giuseppe Montesano

    Professore,
    la volevo ringraziare per la riflessione che ci ha fatto fare oggi a scuola, e mi complimento per quello che lei ha scritto. Sono pienamente d’accordo con lei sulla diffusione di un pensiero pacifista e sull’abbandono dei localismi che ahimè ci separano tutti. Volevo inoltre aggiungere delle mie riflessioni, e ve ne sarei grato se avessi la possibilità di sentire quello che voi avete da dire.
    Uno dei problemi della nostra società, è la mancanza di empatia per il prossimo. Apparentemente, siamo i primi a pregare per le vittime degli attentati di Parigi, e siamo i primi a piangere il concittadino o il compaesano ucciso dall’inquinamento della nostra terra, lamentando di non avere i diritti inalienabili della salute o della libertà quando, alcuni giorni fa, durante lo sciopero riguardante il pozzo petrolifero di Montegrosso, una piccolissima parte degli studenti ha partecipato. Io mi chiedo, come sia possibile che non siamo in grado di prendere posizione e far valere la nostra parola, anche quando chi ci rappresenta, per un motivo o per un altro, non lo fa correttamente? A cosa va ricondotto questo comportamento? Io una risposta me la sarei data, ed è quella di essere figli di una morale sbagliata, una morale costruita durante il secolo passato, da chi voleva che ragionassimo in questa maniera. Ecco perché il nemico secondo me oggi, è da ricercare in noi stessi, ed è ogni forma di pregiudizio e la mancanza di essere critici e analitici rispetto a quello che ci viene inculcato.
    Non riesco a non pensare alla frase di Gaber “Libertà è partecipazione”, se ci fosse partecipazione da parte di tutti infatti, avremmo la libertà assoluta dalla guerra e dall’odio, o almeno spero che sia così.
    Grazie e buona sera.

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