Rimpiango quei genitori risoluti di una volta, per i quali un “si” era un “si” e un “no” era un “no”;
Quelli che ci insegnavano come non sia possibile avere tutto e subito e ci facevano capire che si può vivere dignitosamente con poco;
Quelli che ci spiegavano che la nobiltà d’animo si evince dai comportamenti, e non da ciò che si possiede;
Quelli che non ci davano ciò che pretendevamo ma solo ciò di cui avevamo bisogno e sapevamo meritarci;
Quelli che non ci viziavano per tentare di comprare il nostro affetto, ma ci preparavano alla vita, anche a costo di mortificarci, perché quest’ultima ci propone una lunga catena di sconfitte che bisogna affrontare con determinazione ed equilibrio interiore;
Quelli che ci invitavano ad essere uomini di valore, piuttosto che rincorrere la strada del successo che, col tempo, si rivela sempre illusorio e temporaneo;
Quelli che ci davano sempre torto al cospetto dei professori, senza pretendere di aver ragione o imporre suggerimenti agli educatori;
Quelli che ci imponevano il rispetto delle regole e delle persone.
Allora, tutto questo si chiamò severità, oggi io so che era educazione all’umiltà.