Riflettendo sulla 1° fase della rivoluzione francese

La Francia verso la fine del 700 aveva bisogno di riforme radicali. Contro tale direzione fece forte resistenza l’apparato dell’”Ancienne regime” che si presentava come una società divisa in ceti, con la persistenza delle corporazioni, di per sé chiuse; la presenza di diverse barriere doganali che limitava notevolmente il commercio interno ed estero; le tasse che venivano pagate solo dal terzo stato senza averne nulla in cambio, mentre il primo e secondo stato oltre ad essere esentasse godevano di tutti i possibili privilegi. Già!… Allora per far fronte ai problemi economici del paese, bisognava che tutti pagassero le tasse. Domanda: il primo e secondo stato avrebbero mai acconsentito, in ambito di assemblea degli stati generali, ad un disegno di questo genere? C’erano comunque altre difficoltà: sarebbe stato difficile estendere le tasse a tutti soprattutto sui patrimoni, visto che mancava del tutto la ricognizione catastale dei beni. Era convinzione, in un regime di protezionismo economico, che un paese fosse tanto più ricco quanto più liquidità avesse nelle casse e perciò bisognava esportare molto e importare pochissimo. Questa convinzione favoriva i conservatori e non le classi emergenti. Questa teoria economica può dirsi anche semplicemente cruso – edonismo.  Il ministro delle finanze Anne Robert Jacques Turgot, aveva ipotizzato delle riforme, per eliminare privilegi e tentare di far pagare le tasse a tutti, ma il paese gli si rivoltò contro. La Francia, come sistema paese, faceva fatica a cambiare e a seguire magari le orme dell’Inghilterra che, già a partire degli anni 1688/89, con la gloriosa rivoluzione, aveva saputo creare una monarchia costituzionale con Guglielmo 3 d’Orange. Il re di Francia, Luigi XVI, desideroso di migliorare le condizioni del proprio paese, ma fragile di personalità, convocò, il 5 maggio 1789, l’assemblea degli stati generali, cosa che non veniva fatta dal 1614, anno in cui Maria dei medici, rimasta vedova di Enrico IV, tentò, nonostante il mancato avallo degli stati generali, di continuare sulla strada dell’assolutismo intrapresa dal marito e poi bruscamente interrottasi.  Il motivo della convocazione: estensione delle tasse anche al 1 e 2 stato, viste le cattive condizioni economiche e le persistenti carestie abbattutesi nel paese. Subito i rappresentanti del 3 stato chiesero che si votasse per testa e non per stato, sapendo che il numero dei rappresentati del terzo stato era superiore alla somma dei rappresentanti del 1 e 2 di almeno 17 unità. Il re rifiutò, perché intuì che, in tal modo, sarebbe caduto il tessuto connettivo dell’assolutismo. Il terzo stato, allora, continuò, imperterrito, a riunirsi e, il 17 giugno, si autoproclamò assemblea nazionale. Il 20  giugno, impediti di riunirsi nella sala delle assemblee di Versailles, i componenti del 3 stato continueranno a farlo nella sala della palla corda. Il 9 luglio, l’assemblea si autoproclamò assemblea costituente e giurò di non sciogliersi, finché non avesse dato una costituzione al paese e così fu. Intanto, a Parigi, si era costituita la comune parigina, sostituendo, al comune, i funzionari del re con quelli indicati dall’assemblea e si costituì la guardia nazionale a difesa dei lavori dell’ assemblea. Il 14 Luglio, il popolo parigino, insieme alla guardia nazionale guidata da Gilbert edu Motier De La Fayette, diede l’assalto alla Bastiglia e la stessa fu diroccata, in quanto simbolo dell’assolutismo, visto che era sempre stata il carcere riservato al re per rinchiudervi i colpevoli di reati politici e giudicati dallo stesso sovrano che, per grazia di Dio, godeva dei pieni poteri. Nella seconda metà del mese di Luglio, si diffuse, nelle campagne, la grande peur, perché correva voce che i nobili avessero assoldati delinquenti comuni a difesa delle loro tenute e delle loro masserie. I contadini ne approfittarono per occupare le terre,  distruggere masserie e relativi titoli di proprietà. In seguito alle pressioni delle rivolte contadine, l’assemblea, il 4 agosto, approvò l’abolizione dei privilegi feudali, come la mano morta, il maggiorascato, le corvèes e altro . Il 26 Agosto fu approvata la dichiarazione dell’uomo e del cittadino, con la quale in 17 articoli,  si dichiaravano intoccabili i diritti naturali dell’uomo, come la libertà, il diritto alla vita e il diritto di proprietà, la sovranità della nazione, per cui il re sarà pure re di Francia, ma non per volere di Dio ma per volere del paese, la tripartizione del potere secondo la nota teoria di Montesquieu: potere legislativo all’assemblea parlamentare, il potere esecutivo al sovrano e il potere giudiziario alla magistratura. Nei mesi successivi, l’assemblea abolì la compra – vendita delle cariche pubbliche e si stabilì che a queste si poteva accedere per merito, il principio dell’imposizione progressiva delle tasse, l’abolizione delle corporazioni e dei pedaggi ma fu proibito lo sciopero per motivi di ordine pubblico. Tutte queste riforme, per avere validità, era necessario che fossero firmate dal re, ma questi si rifiutava. Allora il 5 di ottobre, una folla di parigini, compreso un considerevole numero di donne, con la partecipazione della guardia nazionale, portò il re a Parigi e lo faranno alloggiare nel palazzo delle Tuileries , prigioniero dell’assemblea. Il 12 giugno del 1790 fu approvata la costituzione civile del clero, secondo la quale i sacerdoti sarebbero stati scelti direttamente dai fedeli, pagati dallo stato e quindi sottratti alla giurisdizione del papa. Nel giugno del 1791 il re Luigi XVI  tentò la fuga sotto mentite spoglie ma fu scoperto a Turennes e ricondotto a Parigi. La fuga fu il pretesto per cui i giacobini accusassero il sovrano di tradimento. Così, nel mese di luglio a Campo di Marte, una enorme folla si era riunita per chiedere che il re venisse destituito, ma la guardia nazionale che aveva sposato la causa del re, difese il sovrano e disperse la folla. Nel settembre 1791, venne approvata la 1° costituzione di natura liberale moderata, ovvero monarchia costituzionale, prevedendo cioè il potere legislativo all’assemblea, il potere esecutivo al sovrano e il potere giudiziario alla magistratura. Fecero seguito le elezioni che diedero per vincitori i Foglianti, e occupavano l’ala destra del primo emiciclo della storia, al centro gli indipendenti poi definiti con disprezzo la palude, al centro sinistra i girondini, all’estrema sinistra i giacobini. Il sistema elettorale era di natura censitaria, cioè potevano votare solo i cittadini che avessero pagate 10 giornate lavorative di tasse all’anno.

Inserisci un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Required fields are marked *

*